Estetica Gioconda #2: la pipa

Dove eravamo rimasti? Ah, giusto! Ci stavamo chiedendo: “ma quindi come facciamo a capire se una cosa è arte oppure no?”, il che ci riporta a dover quantomeno definire “cosa rende tale un’opera d’arte”, almeno per sommi capi.

Mentre penso a come farlo, vi lascio qui una pipa. Che non è una pipa, pur essendo chiaramente una pipa. Magritte è impazzito? Voleva dirci qualcosa? E come ce l’ha detto?

René Magritte, La Trahison des images (o o Ceci n’est pas une pipe), 1928-29 olio su tela (60×81 cm)

Questa non è una pipa.
In effetti, quella nell’immagine non è una pipa, è la rappresentazione di una pipa. Seguita da un messaggio apparentemente contraddittorio, che però ci fa capire che probabilmente l’artista sta usando una metafora, ossia sta “traslando” un concetto (in questo caso una riflessione sull’arte) in un diverso ambito (oggetti d’uso comune). Questo perché le opere d’arte comunicano qualcosa, ossia l’artista, quando le crea, esprime un qualche tipo di concetto, pensiero, riflessione, visione, idea. Non necessariamente, ma molto spesso, lo fa proprio usando la metafora.
Nel caso di Magritte, quello che l’artista sta comunicando è: “Occhio! Una rappresentazione non significa realtà! L’immagine di un oggetto non è l’oggetto stesso e il suo significato potrebbe non essere letterale, fateci attenzione!”. Ma, anziché scriverlo nero su bianco in modo didascalico, lo fa usando un linguaggio “altro”, con un mix di immagini e testo, stuzzicandoci con una contraddizione, portandoci a chiederci cosa significhi davvero quello che stiamo vedendo.
Vi ricordate la foto del pomodoro della puntata precedente? Ecco, quella è sempre una rappresentazione (come sa chiunque abbia provato a dare un morso al monitor), ma non metaforizza una sega nulla, è la foto di un pomodoro. Zero messaggi, zero idee, zero visioni “laterali” del reale. E, di conseguenza, zero emozioni.

Infatti, a meno di non approcciare un’opera con la stessa sensibilità di una pietra pomice, ci rendiamo conto che un’opera d’arte è fatta per esprimere e suscitare emozioni. La “funzione primaria” di un’opera d’arte è – per molti storici dell’arte, ma anche per il sottoscritto – quella di far vivere un’esperienza estetica: suscitare emozioni tramite l’interazione fra l’opera stessa, i nostri sensi e l’elaborazione dei concetti affrontati e delle sensazioni provate. Quali sono i film, o i libri, che ci piacciono di più? Quelli che ci emozionano. Quali sono i giochi che ci lasciano più soddisfatti? Quelli che innescano sensazioni ed emozioni positive mentre li giochiamo. Guardando “La Trahison des images” è difficile non provare confusione, curiosità o addirittura “piacere”, sia mentre proviamo a decifrarla che una volta “capito” il messaggio. Sassi vulcanici esclusi, ovviamente.

Infine: per realizzare questa rappresentazione di una pipa sono state usate delle tecniche ben precise. Se io provassi a rifare “La Trahison des images”, probabilmente otterrei quello che in gergo tecnico si definisce “porcata” (ok, forse non è proprio gergo tecnico), perché avrei usato il supporto sbagliato, i pennelli sbagliati, non so mischiare i colori a olio né tantomento stenderli sulla tela, e in generale disegno abbastanza di merda. Mentre quando si ha davanti un’opera d’arte, sia essa la Venere di Botticelli, una striscia a fumetti disegnata con una biro o una canzone pop-rock, è di solito abbastanza evidente che chi ha realizzato l’opera ha “espresso” esattamente quello che voleva: ogni idea o elemento viene concretizzato dall’uso di tecniche e forme espressive padroneggiate da chi esegue l’opera.

Quindi, in sostanza, un’opera d’arte contiene un messaggio (più o meno evidente, più o meno metaforico) ed è fatta per esprimere e suscitare emozioni; inoltre, la persona che sta creando l’opera deve essere in grado di applicare delle tecniche che gli consentano di realizzare esattamente quello che aveva in mente, cioè l’artista alla fine del suo lavoro deve aver ottenuto il risultato voluto (che è il motivo per cui il mondo è pieno di opere scartate, distrutte e disconosciute da persone che hanno creato qualcosa che non era quello che desideravano creare, ed è anche il motivo per cui ho in casa un enorme quantitativo di prototipi mai finiti).

Questo, ovviamente, a grandi linee… ma, come abbiamo visto, il senso di cosa è arte oppure no cambia col passare del tempo e varia da luogo a luogo, quindi nei prossimi appuntamenti andremo ad analizzare le tre caratteristiche una per una, e soprattutto andremo a vedere cosa succede a un’opera d’arte quando deve superare tre temibili prove: il giudizio del pubblico, quello della critica, e il verdetto della Storia.

Spero d’avervi messo un po’ di curiosità, anche se non quanta la pipa di Magritte, per cui vi saluto e vi do appuntamento alla prossima settimana!


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