Vudù Mostri vs Alieni: emergenza!

Come ormai sanno anche i sassi e le pietre dure, sta per uscire Mostri vs Alieni, la nuova espansione di Vudù (la trovate allo stand Red Glove Edizioni & Distribuzioni, CAR413, ovviamente nel padiglione Carducci).
Non nascondo che progettare le espansioni di Vudù è sempre divertente: un po’ perché ormai con Francesco Giovo siamo sulla stessa lunghezza d’onda ed è un lavoro che ci viene estremamente naturale, un po’ perché posso lasciarmi andare al citazionismo più sfrenato, un po’ perché immaginare come reagiranno i giocatori al tavolo è sempre divertente. Vudù, infatti, per la natura stessa (e tremendamente “fisica”) delle Maledizioni, è un gioco con gameplay emergente, nel senso che fa emergere situazioni complesse dall’interazione a fronte di meccaniche tutto sommato semplici a seconda del comportamento dei giocatori. Al di là del semplice tirare dadi e giocare carte, infatti, un giocatore può trovarsi seduto a terra, a gambe incrociate, mentre gira intorno alla sedia e mentre un avversario gira insieme a lui perché costretto a tenergli una mano sulla spalla (l’esempio è reale, l’ho visto fare a due fratellini di otto e dieci anni a una fiera torinese).
Normalmente il termine si usa per giochi in cui la componente narrativa viene modificata dai giocatori (penso alla quasi totalità dei giochi di ruolo o a giochi con una branching story o in cui le scelte più o meno etiche influenzano la trama), o in giochi profondi che generano molte situazioni complesse a partire da meccaniche molto semplici; nel caso di Vudù ovviamente la parte “emergente” è prettamente fisica, ma proprio per questo particolarmente divertente. Ogni volta cerchiamo di immaginare come una certa Maledizione interagirà col resto delle carte (del set base e di tutte le espansioni), e ogni volta qualche giocatore ci stupisce riuscendo a sostenere combinazioni impensabili di effetti pur di non regalare neanche mezzo punto agli avversari.

Ogni volta che penso al gameplay emergente, però, non posso fare a meno di sogghignare ricordando l’episodio conosciuto nel mondo videoludico col nome di “incidente del corrupted blood” in World of Warcraft.

Il 13 settembre 2005, in seguito all’introduzione del raid Zul’Gurub e del suo boss Hakkar, infatti, si scatenò un’epidemia virtuale che devastò l’universo di Warcraft per una settimana. Hakkar, infatti, aveva un potere particolare (chiamato appunto Corrupted Blood) che assegnava ai bersagli un debuff che ne diminuiva i punti vita e che era pensato per “trasmettersi” ai giocatori ancora sani più vicini. Ovviamente l’effetto era stato pensato per avere una durata breve e un effetto limitato all’area del raid. Purtroppo, probabilmente a causa di un bug, il debuff aveva un problema: se contagiava i pet (compagni animali e i famigli) dei giocatori e i giocatori richiamavano (ossia “de-evocavano”) i pet stessi mentre erano infetti, il sangue corrotto si ripresentava quando questi venivano rievocati. In questo modo il “virus”, che era pensato per danneggiare pesantemente giocatori di livello molto alto (adatti a partecipare al raid in questione) riuscì a uscire dall’area del raid, uccidendo rapidamente e senza pietà i giocatori di livello più basso e danneggiando considerevolmente quelli di livello più alto sparsi per il mondo. L’esperienza di gioco nel periodo successivo al contagio e prima che gli sviluppatori ci mettessero un’enorme pezza influenzò enormemente l’esperienza di gioco di tutti, con i programmatori che tentavano senza successo di imporre la quarantena per limitare la diffusione, e provare a “esaurirla” in modo naturale. Non funzionò e, come ho detto, fu necessario un reset dei server e l’applicazione di una patch specifica. Uno dei motivi del fallimento della quarantena fu che, di fronte a questa novità, molti giocatori non solo la ignorarono, ma anzi agirono attivamente come “untori” infettando i propri pet e portandoli a spasso nelle città più popolate (e i no-vax muti!).

Questo caso, unico nel suo genere, è un esempio di come le azioni dei giocatori possano portare a situazioni non solo bizzarre, ma anche non previste neanche dai game designer o dagli sviluppatori, perché magari non sono emerse durante i playtest con altri giocatori. Per spiegare meglio la cosa, farò un altro esempio: tre anni dopo, nell’ottobre del 2008, gli sviluppatori inserirono un’altra “malattia” nel gioco, un contagio zombi, per una settimana. A differenza del Corrupted Blood, però, questa epidemia venne stata causata intenzionalmente ed era assolutamente calcolata: il rischio di trasmissione era minore rispetto al Corrupted Blood (con cui un giocatore veniva contagiato al 100% se veniva in contatto con un infetto), i pet erano immuni e l’infezione era curabile da personaggi non giocanti sparsi per il mondo di gioco. In questo caso, pur presentando elementi di gameplay emergente (come è normale che sia in molti MMORPG) gli sviluppatori avevano la situazione saldamente sotto controllo (e grazie al cazzo, l’epidemia l’avevano scatenata loro).

La pandemia virtuale generata dal Sangue Corrotto e le diverse reazioni dei giocatori hanno attirato l’interesse sia di epidemiologisti, interessati al meccanismo di contagio, sia dei servizi di intelligence e di anti-terrorismo, per capire come prevenire disastri simili nel mondo reale.

Spero che l’aneddoto vi abbia incuriositi, perché come preannunciato parlerò di questo (e di molto altro) in quel di Lucca Games, nel seminario “breve guida pratica per aspiranti game designer”, sabato 3 novembre alle 11:30 in sala 13 a Villa Gioiosa.

Come progettare un gioco con molte espansioni in programma, invece, sarà l’oggetto del seminario “giochi nati per crescere”, che si terrà domenica 4 novembre alle ore 9:00, sempre a Villa Gioiosa (sala 2).

Trovate un riepilogo degli incontri, organizzati con Lucca Educational, sulla mia pagina sul sito di Lucca Comics e Games.

Io sarò in fiera tutti e cinque i giorni… e voi?

2 thoughts on “Vudù Mostri vs Alieni: emergenza!

  1. Haha!!! Bel bacherozzo!
    Da programmatore mi sembra più un problema di evolutiva del software gestita un po’ “a cazzo”, senza direttive dettate bene dai designers e analisti verso i programmatori… Comunque bell’esperimento sociale…

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