9 consigli di design da Oleg Domansky (+1 dal sottoscritto)

Recentemente, Oleg Domansky – un designer credo esordiente ma che ha chiaramente riflettuto a lungo sull’attività di progettazione – ha postato una lista di “consigli” generici per game designer che trovo eccezionalmente ben fatta. Probabilmente chi ha seguito le mie lezioni o qualche mio intervento non troverà niente di particolarmente “nuovo”, ma mi sembra davvero un ottimo compendio di consigli, quindi ve lo propongo leggermente adattato al mio stile. Per completezza, cito il gruppo del gioco a cui sta lavorando Oleg, ossia Mayab Board Game. Ho postato questa lista anche sulla mia pagina Facebook (seguitemi anche lì che ci posto un sacco di roba, mannaggia!).

𝟏. 𝐀𝐬𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐢𝐧 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐢𝐩𝐨 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐩𝐞𝐫𝐢𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐯𝐮𝐨𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞.
In realtà l’autore della lista dice “sii consapevole di cosa vuoi dal tuo gioco”, ma il succo è che è necessario avere ben chiara l’esperienza desiderata e il focus del gioco: questo sarà il fondamento di tutte le scelte successive (“This will serve as a foundation for your design decisions, will guide the development of your game, and keep it focused”).

𝟐. 𝐂𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐢 𝐢𝐥 𝐭𝐮𝐨 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐨
Questo è particolarmente importante non solo per poter “vendere” il gioco (sia che vogliate cercare un editore, sia che vogliate fare self-publishing), ma anche per poter filtrare i feedback derivanti dai playtest: se state facendo un party game, i feedback di chi adora i party game saranno più “importanti” di quelli di eurogamer e persone che giocano solo american da quattro ore.

𝟑. 𝐍𝐨𝐧 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐬𝐭𝐢𝐫𝐞 𝐭𝐫𝐨𝐩𝐩𝐨 𝐧𝐞𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐨𝐭𝐢𝐩𝐢.
Finché un gioco è in fase di ideazione, ma anche in fase di sviluppo, è rischioso investire troppo tempo, energie e denaro per fare un prototipo “fico”. Meglio dedicarsi al prototipo finale solo quando si è sicuri che quello che si sta facendo (o acquistando) è dedicato a una versione già semi-definitiva, per non rischiare di gettare al vento tempo e soldi.

𝟒. 𝐑𝐢𝐦𝐮𝐨𝐯𝐢 𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐠𝐨𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐞𝐧𝐠𝐨𝐧𝐨 𝐮𝐭𝐥𝐢𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐭𝐞.
Spesso, nella mia esperienza, non è “facile” per chi progetta un gioco tagliare via una meccanica del gioco stesso, ma se una regola non viene utilizzata spesso, o ancora peggio viene facilmente dimenticata da chi gioca, probabilmente è un’ottima idea toglierla del tutto per snellire il gameplay.

𝟓. 𝐅𝐚𝐢 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐨 𝐬𝐢𝐚 𝐜𝐨𝐢𝐧𝐯𝐨𝐥𝐠𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐟𝐢𝐧 𝐝𝐚𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐢𝐳𝐢𝐨.
Se nel gioco che state progettando non si inizia a “ingranare” fino al terzo round, c’è qualcosa che non va. Per quanto sia una buona idea proporre un inizio gioco “progressivo”, il gioco deve coinvolgere fin dalle prime battute, altrimenti la strada per far dire a chi gioca “wow, che ficata” sarà inevitabilmente in salita.

𝟔. 𝐋𝐞 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐧𝐬𝐞 𝐝𝐨𝐯𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞𝐫𝐨 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐞𝐩𝐢𝐭𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐞 “𝐠𝐮𝐚𝐝𝐚𝐠𝐧𝐚𝐭𝐞”.
Se le cose positive (ricevere risorse, ottenere ricompense, conquistare territori) vengono percepite come “troppo facili da ottenere”, chi gioca non ricaverà grande soddisfazione dal loro ottenimento. Dipende molto dal genere, ma in generale se le persone al tavolo possono “guadagnare” qualcosa in game, questo qualcosa dovrebbe essere fatto in modo da essere percepito come “meritato” e non piovuto dal cielo.

𝟕. 𝐑𝐢𝐜𝐨𝐦𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚 𝐜𝐡𝐢 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐚 𝐢𝐧 𝐦𝐨𝐝𝐨 “𝐧𝐚𝐫𝐫𝐚𝐭𝐢𝐯𝐨”.
Non tutte le persone giocano prestando attenzione al livello narrativo del nostro gioco, ma chi lo fa dovrebbe essere in qualche modo “ricompensato” per averlo fatto, anche solo perché il gioco mantiene in armonia meccaniche e narrazione e propone ricompense “adeguate” per aver fatto la scelta giusta a livello di storia (bonus: questo rende il gioco particolarmente “coerente”, che secondo me è sempre un plus non da poco).

𝟖. 𝐄𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐬𝐩𝐢𝐧𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐭𝐫𝐨𝐩𝐩𝐨 𝐜𝐡𝐢 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐮𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐢𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐨 𝐩𝐫𝐞𝐝𝐞𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭𝐨.
Se il gioco prevede diverse strategie per vincere, o personaggi variabili, o altri elementi che permettono di “personalizzare” lo stile di gioco, è meglio evitare di indirizzare troppo smaccatamente chi gioca verso l’uno o l’altro approccio, lasciando più strade aperte alle persone al tavolo, in modo da rendere l’esperienza di gioco varia e meno ripetitiva o monotona possibile.

𝟗. 𝐀𝐜𝐜𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐬𝐞𝐫𝐞𝐧𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢 𝐩𝐥𝐚𝐲𝐭𝐞𝐬𝐭 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐝𝐢𝐬𝐚𝐬𝐭𝐫𝐨𝐬𝐢, 𝐦𝐚 𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐮𝐧 𝐩𝐨’ 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐦𝐨𝐝𝐢𝐟𝐢𝐜𝐡𝐞.
Di fronte a un playtest andato male, l’impulso di fare cambiamenti importanti è assolutamente normale, ma un po’ di freddezza non guasta: meglio aspettare qualche tempo – e magari altri test – prima di intervenire radicalmente perché un tavolo non ha gradito il gioco o qualche meccanica si è inceppata. Insomma: meglio non avere troppa fretta di stravolgere tutto.

Oleg si ferma a 9, io aggiungo un decimo punto che mi sembra importante quanto gli altri.

𝟏𝟎. 𝐂𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐢 𝐭𝐞 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨
Ok, questa l’ha detta uno ben più famoso di me e in altri ambiti, ma si adatta benissimo anche al game design. Mano a mano che si progettano giochi, dovrebbe diventare sempre più chiaro quali sono i nostri punti di forza e, soprattutto, i nostri limiti. Se una persona non ha mai giocato a un party game, che sia convinta di poter progettare il miglior party game di sempre è quasi roba da effetto Dunning-Kruger. Prima di progettare, giocate, fate playtest per altre persone (magari designer con esperienza), partecipate allo sviluppo di giochi altrui e, soprattutto, cercate di capire cosa vi piace e cosa non vi piace, e cosa siete in grado di fare in autonomia e in quali campi, invece, avete bisogno di una mano da parte di co-designer o altre figure professionali.

Se avete commenti, ovviamente come sempre ogni intervento è benvenuto 🙂

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